Esiste la copertina perfetta? E quanto una bella copertina riesce a far essere sexy un libro? Da quasi tre mesi affaritaliani.it sta conducendo un’inchiesta sulle copertine dei libri. Lo spunto è stato un blog, creato da una libraia in cui vengono segnalati libri con copertine molto simili, se non praticamente identiche. Affari Italiani ha quindi pensato di intervistare grafici e art director di alcune case editrici italiane per indagare le nuove tendenze nel mondo delle copertine dei libri. Si possono trovare molti spunti interessanti.
In realtà, frequentando le librerie è facile notare come tra gli editori esistano sensibilità diverse in merito alla grafica, ai materiali, alle scelte iconografiche . La copertina dovrebbe assolvere a tre compiti: farsi notare dal lettore, comunicare l’essenza del libro, contribuire all’identità dell’editore e/o della collana.
Dal nostro osservatorio di stampatori stiamo notando alcune tendenze, in alcuni casi da noi stessi incentivate. La più evidente è l’uso sempre più frequente di carte naturali. Per anni ha prevalso (e in realtà continua a essere così) la copertina su carta patinata plastificata, che assicura protezione contro l’usura e gli sporchi. Ma, forse, quella sottilissima pellicola di plastica comincia a essere percepita come un elemento di “separazione” tra la carta e i polpastrelli del lettore, oltre a costituire un ostacolo alla totale biodegradabilità dell’oggetto libro. Senza contare che, di questi tempi con l’ebook là fuori, aumentano ogni giorno quelli che, oltre a leggerli, i libri li vogliono anche annusare, e la plastificazione toglie un po’ di quel profumo di stampa tanto amato. Spesso mi capita di avere tra le mani libri con copertine graficamente molto belle, con illustrazioni di qualità e pensare che se fossero state stampate su carta naturale avrebbero guadagnato in bellezza, eleganza e “sensualità”.
Fino a un paio di anni fa erano pochi gli editori ad aver fatto una precisa scelta a favore delle carte naturali. Tra i più noti, senz’altro Sellerio, Adelphi, Guanda e Neri Pozza. Oggi invece aumentano di giorno in giorno le case editrici che optano per le carte usomano. Isbn Edizioni ha scelto, fin dal suo minimalista inizio, un’elegante carta marcata (e, tra l’altro, recentemente ha lanciato su twitter l’hashtag #bellecopertine con tanto di storify, invitando gli utenti a segnalare copertine ben riuscite). L’editore Zero91 è passato, anche grazie a un accurato lavoro di selezione fatto insieme a Geca, a una carta naturale particolarmente bella e con un’eccellente resa di stampa. Ultima arrivata anche Mondadori con il restyling della collana SIS e la nuova collana low cost Le libellule. Ma ci sono anche alcuni titoli Feltrinelli (per esempio questo, questo o questo), di Einaudi (per esempio questo), i titoli della collana Vintage di Bompiani e dei miniMARCOS di Marcos y Marcos. Oltre, ovviamente, ai tanti altri esempi che sarebbe lungo elencare qui.
Da un punto di vista tecnico, va poi detto che l’utilizzo di carte naturali rappresenta una difficoltà in più per lo stampatore, ma anche una sfida stimolante. La plastificazione tende infatti a “nascondere” alcuni difetti di stampa, mentre le carte usomano esaltano la qualità e la tecnica di stampa. Quando si ha a che fare con queste carte, quindi, bisogna essere degli stampatori attenti al dettaglio e tecnicamente ben preparati.
Per concludere, vi segnalo un bellissimo progetto ideato da due designer. Si chiama The Book Cover Archive e raccoglie un ricco archivio di copertine di libri (tra cui alcune molto belle). Sicuramente una fonte di ispirazione per art director e designer.
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Foto: particolare da The Book Cover Archive
Il dato è questo: gli ebook rappresentano in USA e UK circa il 6% della quota del mercato “libri” (fonte O’Reilly, scaricabile gratuitamente qui con registrazione), ma il 20% di americani e inglesi ha acquistato almeno un ebook. In Italia, fatte le debite proporzioni, la situazione è simile: la quota di mercato del libro elettronico è ferma allo 0,1-0,2%, mentre coloro che hanno acquistato almeno un ebook nel 2011 sono l’1,1%.
Cosa significano questi dati? Non è facile dare una risposta. Una logica deduzione è questa: sembrerebbe che molti di coloro che comprano ebook continuino a comprare (e in misura maggiore) libri di carta. Sicuramente gioca un ruolo la novità rappresentata dallo strumento. Può darsi, per esempio, che molte persone spinte dalla curiosità abbiano provato l’esperienza di leggere un ebook e poi siano tornate (temporaneamente o definitivamente?) ai libri di carta.
Oppure, come penso io, è la spia di un utilizzo maturo del nuovo strumento. La mia sensazione è cioè che i lettori (quelli in carne e ossa) non facciano un “salto” da un paradigma all’altro. Non c’è un “passaggio all’ebook”, piuttosto si affianca alla lettura del libro su carta (che tutti i dati confermano rimanere di gran lunga prevalente) la lettura di ebook sui diversi device (tablet, pc, ereader, smart phone).
Sempre restando nell’ambito delle ipotesi indimostrabili, mi sto formando la convinzione che i lettori acquisiranno un sano comportamento “opportunista”, scegliendo di volta in volta quale sia il supporto più adatto alle proprie letture, senza essere guidati nella scelta dal sacro fuoco della novità tecnologica. Non tutte le letture sono giudicate adatte al supporto elettronico e, di contro, alcune letture possano essere fatte senza alcun problema tramite ebook. Sarà questo il comportamento dei lettori dei prossimi anni?
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Foto: Flickr
Nella prima parte di questo post ho elencato una lunga serie di previsioni sballate sugli ebook, fatte in questi mesi e anni. Previsioni che mettono un po’ in dubbio la capacità di analisi di tanti guru del settore. In questi giorni mi sembra sia passato un po’ inosservato un dato relativo al fattore “F” e, di conseguenza, al fattore “T”.
IL FATTORE “F”. Dove la “F” sta per “Fire”. È notizia di qualche giorno fa, infatti, che il lancio sul mercato USA del nuovo Kindle Fire ha messo in seria difficoltà le vendite del fratello maggiore. Il Kindle Fire si differenzia dal Kindle classico per il fatto di offrire anche connettività internet, email, etc. Mentre il Kindle ti permette solo di leggere ebook, il Kindle Fire è di fatto un tablet che può servire anche come ereader. E qui entra in gioco il fattore “T”, ovvero il tempo. È chiaro a tutti che il tempo per la lettura è un tempo lungo e che richiede concentrazione; ben diverso, per esempio, da quello che si dedica all’ascolto di una canzone in mp3. Il tempo per la lettura è sottratto ad altri tipi di impiego del tempo libero (fare una passeggiata, guardare la televisione, andare a una mostra, controllare la posta elettronica, leggere un giornale, etc.). Ora, il fatto che sempre più persone scelgano un tablet invece di un e-reader come device da utilizzare per la lettura degli ebook comporta il serio rischio che la lettura di ebook dovrà subire un’agguerrita concorrenza da parte di altri tipi di impiego del tempo: leggere l’email, twittare, consultare un blog, etc.
Più di un indizio supporterebbe questa ipotesi. Secondo una ricerca inglese dell’aprile 2011 solo il 25% degli utenti Ipad lo utilizza per leggere libri; secondo una ricerca Nielsen del novembre 2011 il 40% degli utenti di tablet lo utilizza per leggere “Books/Magazines”. La ricerca non lo specifica, ma immagino che quel 40% si possa suddividere grosso modo a metà e e troveremmo quindi conferma del primo dato. Nel caso, si tratterebbe di un cambiamento non da poco. Il successo del nuovo Kindle Fire di Amazon potrebbe paradossalmente portare molti utenti a ritenere che il tablet non sia poi lo strumento migliore per la lettura di un libro, perché distrae troppo. La lettura di un libro richiede concentrazione e la possibilità di dedicarci un tempo esclusivo. Se il tablet si imporrà come device prioritario c’è la possibilità che la lettura di ebook si ridurrà ad essere un’attività marginale.
I VANTAGGI DELL’EBOOK: AI CONFINI DELLA REALTA’. In generale, la mia sensazione è che ci siano attori economicamente forti e molto interessati allo sviluppo dell’ebook che stanno cercando di imporre il libro elettronico come nuovo standard, al di là dei suoi effettivi benefici per il lettore. Da più parti si cerca di far credere che la rivoluzione sia già compiuta, il sorpasso sulla carta stampata già raggiunto e che il libro di carta sia una cosa da vecchi nostalgici (nonostante i dati che ho citato all’inizio dicano che l’ebook sia in realtà un fenomeno ancora marginale). Io credo che l’ebook abbia dei vantaggi effettivi: può rendere disponibili testi non più reperibili su carta (a patto, però, che gli editori digitalizzino il loro catalogo, attività costosa e non alla portata di tutti), facilita l’accesso a libri in lingua originale e, sopratutto, rende possibile la ricerca intratestuale. Le tesi a supporto dell’ebook, però, sono invece generalmente del tutto assurde. Si sente dire, per esempio, che “con gli ebook finalmente non avremo più le nostre librerie di casa piene di libri”. Ora, a parte il fatto che in Italia più della metà della popolazione non legge nemmeno un libro all’anno, ma poi da quando in qua avere dei libri sulle mensole è diventato un fastidio?
Si dice poi che, grazie all’ebook, ti puoi portare in giro 1.400 libri in pochi grammi di device. Anche qui, al di là della considerazione di cui sopra (più della metà degli italiani non legge), ma chi dice queste cose lo sa quanto tempo ci vuole per leggere 1.400 libri? A un forte lettore servirebbero circa 114 anni. A un lettore medio non sarebbero sufficienti due secoli. Come se non bastasse, secondo una ricerca del 2010 il tempo necessario a leggere un testo su supporto elettronico (Kindle o ipad) è tra il 10% e il 25% superiore alla lettura su carta.
PARA-GURI E UFFICI STAMPA. In conclusione, non so cosa ne sarà dell’ebook e del libro di carta. Immagino che per alcuni utilizzi il libro elettronico si affermerà come lo strumento più comodo, mentre il libro di carta resterà probabilmente il supporto prevalente ancora per molti e molti anni. Si sta comunque creando quello che alcuni chiamano “meticciato editoriale“: la convivenza e, magari, complementarietà tra le due tecnologie. Ma proprio perché il mondo editoriale è complesso, variegato e articolato, stiamo attenti alle semplificazioni dei guru e di alcuni commercianti di ebook che forse hanno troppa fretta di monetizzare gli investimenti in campagne marketing, piattaforme web ed efficienti uffici stampa.
twitter: @gecaspa
Nel giro di quattro, sei anni la carta costerà troppo e i giornali spariranno. Le notizie si leggeranno su schermi di plastica”.
[Nicholas Negroponte del MIT, marzo 2002, IV Forum Cernobbio]
Nel giugno 2010 l’Associazione Italiana Editori (AIE) prevedeva che entro la fine del 2010 gli ebook avrebbero rappresentato lo 0,1% del mercato. In realtà alla fine di quell’anno ci si fermò allo 0,04% e persino a fine 2011 gli ebook non hanno raggiunto l’agognata soglia, fermandosi a uno striminzito 0,08% (qui i dati). I risultati della ricerca Nielsen sui libri in Italia resi pubblici pochi giorni fa parlano inoltre di un 1,1% di acquirenti di ebook (da non confondere con la quota di mercato: questo dato dice solo che l’1,1% della popolazione sopra i 14 anni ha comprato almeno un ebook nel 2011. E’ assai probabile infatti che molte delle persone che hanno acquistato un ebook abbiano comprato anche libri di carta, in numero maggiore).
PREVISIONI SGANGHERATE. Negli ultimi mesi si continuano a leggere previsioni di ogni tipo (come qui e qui) sulla diffusione degli ebook e da almeno quindici anni si profetizza la morte del libro di carta. (In questo articolo del 1998 ci si poneva già il problema se i cd rom avrebbero portato alla morte del libro e altre interessanti considerazioni vennero fatte qui nel 2000 e qui due anni dopo, nel 2002). Nel 2010 il solito Negroponte si è detto sicuro che il libro di carta scomparirà entro il 2015. Ho buoni motivi per pensare che sia l’ennesima previsione sbilenca del guru del MIT (Negroponte è lo stesso che nel 2002 sostenne che l’umts non aveva futuro). C’è addirittura chi porta come prova definitiva dell’inarrestabile rivoluzione il fatto che Amazon venderebbe più ebook che libri di carta. A parte le considerazioni sull’attendibilità dei dati forniti da Amazon (leggi qui per farti un’idea), rimane il fatto che negli USA l’ebook rappresenta poco più del 6% del mercato, che sale al 13,6% considerando solo la fiction (leggere qui per credere). Percentuali di tutto rispetto, intendiamoci, ma che dicono anche che il libro di carta pesa ancora, nella peggiore (migliore?) delle ipotesi, per l’86,4%: parlare di sorpasso mi sembra un filo eccessivo. Piccola nota di colore: nel 2000 Microsoft aveva previsto che il sorpasso sarebbe avvenuto nel 2008.
UN ENORME EQUIVOCO. Mi sembra quindi evidente che riguardo alla reale diffusione degli ebook stia montando un enorme equivoco. Tanta gente in buona fede e animata da un esuberante entusiasmo per i libri elettronici si è infatti convinta che il libro di carta sia ormai un residuato del Novecento, un oggetto buono per i mercatini delle pulci. Su twitter impazzano hashtag tipo #byebyebook (sulla scia di un evento tenutosi sabato scorso a Empoli, il cui titolo ha forse depistato alcuni utenti twitter) con cui baldanzosi techno-entusiasti prendono commiato dal libro di carta.
Io ho un dubbio: che i vari techno-guru che si esercitano nelle previsioni non leggano abbastanza libri, non li conoscano e facciano fatica a cogliere le differenze tra un mp3 e un romanzo. Ci sono poi le incognite che riguardano le innovazioni tecnologiche e le future nuove piattaforme: è davvero sensato fare previsioni a cinque o dieci anni in un mercato in cui basta l’uscita di un nuovo modello di e-reader per ridisegnare i confini del mercato? Per esempio, che mi dite del fattore “F” e del fattore “T”? Ma di questo parlerò nella seconda parte del post.
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Ecco. Quando si dice che la passione per i libri va coltivata, mi viene in mente questo: una distesa di pagine stampate, seminate su un campo che presto produrrà i frutti attesi: i libri. Ma anche cataloghi o riviste.
Questa foto l’ho scattata questa mattina, mentre facevo un giro al finishing per controllare alcuni lavori.
Mi sembrava rendesse l’idea.